giovedì 26 giugno 2014

LOMO




Fare fotografie credo sia la cosa più semplice che chiunque possa fare in questo particolare periodo della storia dell’umanità. Oggi niente è facile come scattare una fotografia. Ho letto un articolo che riportava in megabyte la quantità giornaliera di dati immagazzinati con le sole fotografie e mi sono spaventato.
Inteso come singolo istante catturato, la foto sembra avere un’importanza tutta sua, disgiunta da esigenze artistiche o documentative. Si punta la fotocamera, si pigia il pulsante di scatto e il gioco è fatto. E mi perdonerete la rima. Indagare quale sia lo spirito che ci muove a un gesto simile sinceramente non mi interessa, ma mi corre l’obbligo di ricordare a tutti che c’è una corrispondenza seppur minima con un altro periodo storico che generò un nuovo mondo e, come conseguenza, un nuovo modo di vivere la fotografia.
Si chiamava Lomo, era una macchina fotografica concepita per essere diffusa tra la classe popolare sovietica. Costava poco, era spartana e per lo più plasticona, ma aveva la genialità inside: quelli che ritirarono le prime stampe si trovarono di fronte a colori strambi, bianchi e neri assurdi, contrasti esasperati, nitidezza assente, fuori fuoco incontrollabili e vignettature degne di un televisore vecchio di 30 anni, con lo schermo bruciacchiato dal troppo fumo di schifose sigarette consumate in una grigia stanzetta di un motel a Togliattigrad.
Cosa stavo dicendo? Non importa, tanto era una cazzata. Ah si, la Lomo!
Passato lo ‘sghibottimento’ generale qualcuno si accorse che quella roba di plastica era una figata, da sballo. Siccome non aveva un vero sistema di messa a fuoco allora ci fu chi decise di non inquadrare nemmeno. Macchine fotografiche impugnate e puntate a qualsiasi altezza e con qualsiasi angolazione. La casualità diventava l’elemento dominante. Non fregava un cacchio a nessuno, si scattava senza menate a ciò che piaceva cercando luci impossibili da percepire ad altezza d’uomo, si consegnava il rullino al fotolab, e quando si ritiravano le stampe di sicuro il capolavoro era compreso nel pacchetto. Il capolavoro, appunto, c’era sempre, dovuto alle intuizioni spesso geniali di persone già di per se dotate di sensibilità artistica e talento creativo. Niente schemi rigidi, niente regole fotografiche, solo l’istinto puro e la voglia di divertirsi. Sorsero circoli Lomo, si organizzarono esposizioni fotografiche, vennero stampati libri e addirittura fu redatto uno specifico statuto ancora oggi in vigore. Nata per i meno abbienti, Lomo era diventata leggenda senza assumere l’etichetta di status symbol, senza essere Leica. Ecco, Lomo fu questo, e la cosa bella è che l’attuale modo di fotografare legato anche e sopratutto agli smartphone ha riportato in superficie la possibilità di scattare liberamente, di sperimentare e ottenere immagini non convenzionali e dal forte impatto visivo. Ho visto gallerie fotografiche realizzate con l’utilizzo di smartphone degne di essere esposte in mondovisione tanto erano splendide, ipnotiche. Non mi importa se tutto questo è possibile grazie a dei software, a me importa poterlo fare!
Come fotografo sono felice per la voragine aperta su nuovi universi creativi dalle moderne soluzioni digitali. Ma sono contento solo per questo.
Ciò che invece mi deprime è che, come al solito, una massa consistente di rompicoglioni ha preso a girovagare senza requie e senza rispetto a destra e a manca, scattando senza senso a qualsiasi cosa si muova o luccichi. Scattano foto a tutto, non se ne domandano il perchè, poi si corrono incontro ridendo come ebeti per mostrarsi a vicenda la loro cagata, che sempre più spesso è un ridicolo selphie.
Per loro niente gallerie fotografiche, niente genialità, niente simpatia…solo la certezza che il frutto della loro aberrazione mentale sarà cancellato dalla memoria del proprio smartphone nel giro di qualche ora. Perché si sa, scattare foto non costa nulla e a far foto son bravi tutti, deficienti compresi.