Elio Germano alla premiazione dei David di Donatello Giorgio Martini - all rights reserved |
Strano mestiere, quello dell'attore. Condannato a farsi corpo di un personaggio che esiste sulla carta, a dare forma fisica a un insieme di parole, a rendere visibile l'invisibile.
L'attore è un contenitore vuoto che accoglie dentro di sé nuovo senso ogni volta che calca la scena, aggiungendo la propria interpretazione, qualcosa di sé, a un personaggio che fino a poco prima esisteva solo nella fantasia del suo autore.
Gli impegni si susseguono, l'attore smette i panni di Arlecchino per indossare quelli di Cyrano, si sfila un ruolo e si accomoda l'altro come un vestito, senza soluzione di continuità.
Una scena, il trucco, una serata di gala, un'intervista.
Il pubblico.
L'attore è anche un personaggio pubblico. Un nuovo personaggio da indossare.
O da ospitare.
Strano mestiere quello dell'attore, che non è mai se stesso ed è se stesso mille volte e mille volte ancora.
Quante vite indossa? Quante riesce a sfilarsi di dosso? Quante gli rimangono dentro?